di Massimo Prandi
Cari amici di Enciclopedia della Birra,
sono un agricoltore appassionato di birra e da qualche anno effettuo prove varietali su orzi da malto. Vi inoltro una breve sintesi delle informazioni in merito a questa coltura. L’orzo, il cui nome scientifico è Hordeum vulgare, è un cereale la cui origine risalirebbe, secondo le teorie più accreditate, ad una specie selvatica originaria del Medio Oriente, coltivata a partire da circa il 7000 a.C. e da qui si è diffuso in tutto il mondo. Anticamente, in Egitto e in Cina, l’orzo era alla base del sostentamento della popolazione, congiuntamente al grano, ed in Grecia rappresentava il cibo dei gladiatori, chiamati “hordearii”, ovvero “mangiatori d’orzo”. Dall’epoca romana e per tutto il Medioevo l'orzo divenne secondario rispetto al grano, tanto che il pane d’orzo divenne il cibo delle classi meno abbienti.
Attualmente in Italia l’orzo occupa una superficie coltivata superiore a 350.000 ettari, con una produzione di poco inferiore a 1,5 milioni di tonnellate. Le rese unitarie sono cresciute fino a 5-6 tonnellate ad ettaro, grazie ai progressi del miglioramento genetico varietale. L’orzo si coltiva, oltre che per granella, anche come pianta da foraggio. La granella di orzo è impiegata principalmente nell'industria mangimistica, mentre il 10-15% nell'industria del malto. Altri impieghi secondari sono la produzione di surrogati del caffé, farine per dietetica alimentare, trasformazione in estratti ad uso farmaceutico ed industriale.
Dal punto di vista botanico, le varietà di orzo vengono distinte in base al numero di file di grani della spiga:
Hordeum vulgare distichon (2): presenta solo due file di grani, in posizione alterna. La spiga assume così una forma fortemente appiattita, definita in gergo tecnico "two-row".
Hordeum vulgare exastichon aequale (1): orzo polistico esastico (six-row) , ovvero a sei file di semi, con cariossidi disposte a raggiera regolare.
Hordeum vulgare exastichon inaequale (1): orzo polistico esastico (six-row), con cariossidi laterali molto divaricate e quasi sovrapposte a quelle soprastanti e sottostanti così da apparire di 4 file e quadrangolare in sezione.
Hordeum vulgare exastichon (1) e distichon (2)
Le varietà two-row hanno chicchi più grossi, e maggior rendimento dei six-row, in genere presentano contenuti di azoto e proteine inferiori e glume più piccole. L'orzo six-row è più produttivo, ha un maggior potere diastatico, quindi viene utilizzato quando le ricette birrarie prevedono molte aggiunte. L’orzo da birra impiegato tradizionalmente e che fornisce le maggiori prestazioni qualitative è costituito dalle varietà distiche.
Molte delle varietà di orzo da birra diffuse sono di origine straniera, principalmente tedesche, francesi e inglesi. Per introdurle in Italia è necessaria una accurata valutazione della loro adattabilità alle condizioni ambientali della nostra penisola e della risposta produttiva nell'ambiente di coltivazione.
In particolare, i requisiti ricercati sono:
basso contenuto d’azoto: meno dell’1,6%, corrispondente all’11,5% di sostanze azotate, che se in eccesso creano problemi nel processo di fabbricazione della birra;
alta attività amilasica e diastasica in genere;
alta resa in estratto: oltre 80% di carboidrati solubili;
buona friabilità, con endosperma farinoso;
basso contenuto di glucani, che se eccessivi possono rallentare la maltazione e la filtrazione;
germinabilità, che deve essere superiore al 96% dopo 3 giorni;
uniformità di calibro dei chicchi;
ottimo riempimento dei grani;
glumelle sottili e non pigmentate.
Tra le varietà di orzo distico più diffuso in Italia per la produzione di malto birrario si ricordano: Braemar, Tea, Scarlett, Aldebaran, Pariglia, Tunika e Beta.