di Massimo Prandi
Il malto è una materia prima caratterizzata da gamme di produzione amplissime, ciascuna delle quali si caratterizza per peculiarità aromatiche e di colore specifiche.
A livello birrario, in genere, si impiegano miscele di malti di diversa natura, saggiamente dosati in giuste proporzioni, per apportare alla birra note aromatiche e gustative in grado di arricchire intensamente e dare complessità al profilo organolettico globale.
La valutazione delle caratteristiche qualitative dei malti si basa su test analitici molto precisi e standardizzati, che permettono di controllare tutti gli aspetti rilevanti dal punto di vista della trasformazione, sia sotto l’aspetto tecnologico che organolettico.
Il saggio mastro birraio, però non si esime mai dal toccare con mano il malto approvvigionato, osservarne il colore, apprezzarne l’odore, assaggiarlo: è un approccio molto empirico, ma molto importante, anche se ovviamente non sufficiente per esprimere un giudizio completo sulla materia prima.
Tra le caratteristiche compositive primariamente valutate vi è il contenuto in sostanze estrattive, di cui sono rilevati più parametri:
Estratto SS%: è una misura della resa del malto calcolata sul tal quale, calcolato come percentuale di sostanza secca, cioè detraendo l’umidità. Consente di confrontare malti con umidità diverse;
differenza FC%: rappresenta la differenza di resa in estratto tra il macinato fine (0,2 mm) e il macinato grosso (0,7 mm). Esprime una misura del grado di modificazione del seme; se la differenza FC è inferiore al 2% il seme è molto ben modificato; valori superiori al 3-4 % non sono ottimali.
La misura della viscosità fornisce informazioni sul contenuto in beta-glucano dell’endosperma. Si tratta di un composto che può causare intorbidamenti della birra ed ostacolare la filtrazione durante le operazioni di lavorazione.
Un altro parametro molto importante è il contenuto proteico: non deve essere alto, in quanto le sostanze azotate sono responsabili di intorbidamenti e instabilità chimico-fisica. Dal punto di vista analitico può essere indicato come contenuto in proteine (che dovrebbe inferiore a 11%) o in azoto totale (valore massimo di riferimento 1,76%).
L’azoto solubile, componente dell’azoto totale, è importante come nutrimento per il lievito; è quindi importante che questo valore non sia basso per garantire una corretta fermentazione. Per contro, valori troppo elevati potrebbero essere indici di eccessiva proteolisi delle proteine, con problemi di schiuma poco persistente a livello di birra. L’indice di Kolbach è il rapporto fra l’azoto solubile e l’azoto totale ed è in genere impiegato per esprimere il rapporto tra le due frazioni azotate.
Il potere diastasico rappresenta l’intensità dell’attività delle alfa- e delle beta-amilasi; di norma superiore a 200 per un malto chiaro, tende a diminuire in un malto essiccato a temperature più elevate.
Oltre a queste tecniche sofisticate, che richiedono l’impiego di analisi di laboratorio, sono utilizzabili anche alcune tecniche empiriche, che ben si adattano all’homebrewing. Ad esempio, per controllare il grado di modificazione del malto è sufficiente posizionare 50 semi in acqua per circa 10 minuti.
I semi che affondano sono semi poco modificati o che non hanno germinato affatto: almeno 35, cioè il 70%,dovrebbero rimanere in superficie. Altra osservazione empirica rilevabile mediante questa prova è che il malto ben modificato galleggia orizzontalmente rispetto alla superficie. Il malto ben modificato, inoltre, è meno pesante di quello poco modificato, quindi sottoponendo a pesatura volumi costanti di malti diversi (ad esempio una tazza ben colma), è possibile confrontare le caratteristiche di buona maltazione di differenti campioni.