Una storia che arriva da lontano ed una tradizione che si perde nella notte dei tempi quella che ha ispirato i Monaci dell’Abbazia di Sant’Antimo e ha fatto sì che decidessero di iniziare a produrre birra.
Durante il Medioevo, infatti, l’utilità di avere un birrificio era, per le abbazie ed i vari enti ecclesiasti come gli ospedali, di fondamentale importanza per gli aspetti sanitari. All’epoca, non era possibile verificare se l’acqua per l’alimentazione fosse potabile o meno, quindi si cercò un modo per aggirare il problema escogitando un modo per idratarsi senza incorrere in malattie spesso mortali. E si scoprì, in maniera empirica, che la fabbricazione della birra o prodotti simili ottenuti con la fermentazione del grano, permetteva di evitare malattie legate all’infezione dell’acqua ed epidemie – soprattutto del tifo – grazie alla fase della bollitura che sterilizzava, anche se all’epoca si faceva inconsapevolmente, il prodotto.
Ma c’era anche un altro aspetto positivo per i monaci delle abbazie che producevano questo genere di bevande a base di acqua e grano: una delle proprietà era quella di poter rifocillare, grazie alle sue qualità nutrienti e senza rischio, i pellegrini e i viaggiatori della Via Francigena, già numerosi all’epoca. A Siena, per esempio, nell’ospedale di Santa Maria della Scala, veniva servita una bevanda fermentata a base di grano, chiamata “Terza”.
“Ispirandoci alla lunga e prestigiosa storia brassicola del nostro Ordine dei Canonici Regolari Premostratensi, fondato la notte di Natale 1121 da San Norberto da Xanten, che annovera birre famose come quelle di Leffe, di Grimbergen, di Schlägl ed altre meno note – spiega Padre Giancarlo Le Roy, Abate di Sant’Antimo – abbiamo voluto far rivivere questa usanza qui nella nostra Abbazia, unendola alla tradizione agricola della Val d’Orcia, dove, da sempre si produce grano. Rispettando gli antichi processi e utilizzando preziose conoscenze, tramandate di generazione in generazione, e ingredienti di eccellenza del nostro territorio, abbiamo sviluppato questa birra veramente unica, ricca di aromi e sapori, che unisce sapienza antica a metodologie di avanguardia. Per quanto riguarda l’etichetta della nostra birra, abbiamo scelto uno stemma dell’Abbazia”.
I Monaci si sono affidati, per la produzione della loro “bionda”, all’esperienza e alla professionalità del Birrificio San Quirico.
Ma c’è un’altra “chicca” che i Monaci di Sant’Antimo hanno deciso, produrre la “gelatina di birra”: “ una gelatina zuccherina molto succulenta e versatile – spiega Le Roy – un’alternativa al miele e alle mostarde, da spalmare su formaggi e ricotta, da usare su dolci come la pannacotta ma anche da gustare con le uova sode”.
Bella iniziativa, questa dei monaci, che oltre a continuare una tradizione millenaria del proprio ordine, dimostrano che Montalcino non è solo un territorio di vino.
dal sito: www.montalcinonews.com
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